Barone Rampante. Food. Social. Cult

La convenzione ONU per i Diritti delle persone con disabilità delinea uguali diritti e uguali libertà alle persone disabili e richiede agli Stati membri di impegnarsi nelle politiche volte ad agevolare il pieno godimento di tali principi nella loro piena inclusione e partecipazione sociale. Motivata ed ispirata da questi principi è la nascita del progetto “Il Barone Rampante”, un locale dove cibo, socialità e cultura si intersecano nelle maglie di quello che è uno dei principali servizi di formazione all’autonomia. Il progetto prevede infatti la partecipazione attiva delle persone disabili. Saranno loro ad accogliere i clienti, ad interagire, a servirli, a mettere in campo la propria professionalità coniugando lavoro e divertimento. L’identità del locale si gioca tutta su tre concetti fondamentali.

Il food. Il cibo come riscoperta delle tradizioni, strumento identitario per esplorare le peculiarità del territorio. Verranno serviti infatti, solo piatti ispirati alla cucina tradizionale e la tavola sarà luogo di incontro, scambio e dialogo.

Il social. Lo spazio è concepito come luogo “social”, dove vengono favorite le relazioni sociali e l’interazione e, al contempo, dove si accende sempre un riflettore d’attenzione sulle problematiche sociali. Ogni progetto avrà quindi questa vocazione, dagli spettacoli musicali ai servizi come il portierato sociale, le iniziative aggregative per il quartiere, il book crossing, lo spazio dove ospitare le associazioni locali o gli aiuti agli anziani.

La filosofia cult. Un luogo a forte vocazione culturale, che sia spazio di scambio, stimolo, riflessione e proposta. Il Barone Rampante è quel “luogo senza luogo”, ipotizzato da Calvino nel romanzo omonimo al quale il locale si ispira, dove, senza barriere, si possa esplorare ogni meandro del pensiero e trovare sempre domande nuove a cui intentare una risposta, assieme.

Dopo una sperimentazione annuale, anche a seguito dell’emergenza covid19, il progetto si è concluso, lasciando nei beneficiari e negli educatori il desiderio e la voglia di ripartire con nuove attività di inclusione, di lavoro e di autonomia.

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